Il mercato dell’arte o, meglio, i mercati dell’arte sono composti da artisti, acquirenti e mediatori o distributori. “Dal punto di vista delle teorie economiche, l’opera d’arte è vista come una merce del tutto particolare”, basata principalmente su unicità e irriproducibilità.
Il campo artistico aggiunge ai normali mercati proprietà identificative e modalità funzionali proprie; “in un universo digitale in cui i beni culturali possono essere facilmente clonati, l’unicità dell’opera d’arte assume un valore paragonabile a quello del patrimonio immobiliare. Le opere vengono considerate come investimenti sicuri, (…) apportando una ‘maggiore liquidità’ nel mercato”. Inoltre si fa riferimento a “mercati” dell’arte poiché il plurale è diventato una conventio ad includendum in grado di includere fenomeni eterogenei, analizzabili da metodi che distinguono i vari elementi delle diverse forme di regolazione delle transazioni.
Occorre inoltre naturalmente tenere presente, la natura del tutto particolare del mercato dell’arte, in quanto applicare in maniera automatica il termine merce, a qualcosa che per sua natura forse non lo è, può determinare distorsioni di non poco conto, tanto nella valutazione, quanto nell’effettivo scambio economico di denaro/opera d’arte.
A differenza dei volumi del mercato mobiliare in cui milioni di persone e imprese partecipano alla compravendita di interessi finanziari, o del mercato delle materie prime in cui si scambiano misure di prodotti grezzi o primari utilizzando contratti standardizzati, l’attività del mercato dell’arte segue in gran parte le richieste di una gamma più limitata di collezionisti privati, musei e grandi interessi aziendali come i principali partecipanti al mercato. Il mercato dell’arte si considera un microcosmo: conta centinaia di collezionisti, a differenza del mercato dei titoli che conta milioni di partecipanti.
E’ dal 2015 che la British Rail ha iniziato a investire nell’arte per il suo fondo pensione a partire dal 1974 (prima della privatizzazione), spendendo circa 40 milioni di sterline o circa il 3% dei suoi fondi in opere d’arte, prima di vendere quei beni tra il 1987 e il 1999.La British Rail Pension ha realizzato un rendimento annualizzato dell’11,3% a causa di una serie di fattori specifici del mercato in quel momento. Gli sforzi della British Rail realizzarono profitti, in particolare grazie al portafoglio impressionista, ma la collezione fu liquidata perché finì per essere vista come un’area di investimento illegittimo, in particolare quando si resero disponibili investimenti alternativi.
Teodosio Martucci