Credo sia doveroso iniziare dall’autoritratto che l’Artista dipinse a soli ventun anni, probabilmente una prova d’accademia, che vale già a dimostrare la sua qualità pittorica, fin dalle prime fasi.
Ben presto, comunque, Reitano riesce a cogliere quello che sarà il senso della sua “missione”; io credo infatti che al di là della sua completezza tecnica e professionale, ogni artista è convinto che nel proprio animo debba esserci una missione, un compito da espletare. Quando egli entra in sintonia, in sinergia con questa sua missione, ecco che anche le scelte stilistiche, le scelte concettuali diventano più facili, per quanto poi possano per varie ragioni non essere apprezzate.
Del resto, il critico Achille Bonito Oliva ha inventato una bellissima locuzione parlando di genus loci: ogni artista, volente o nolente, è tributario sia del tempo in cui vive, sia del territorio in cui svolge la propria ricerca artistica. E questo è vero anche per un artista come Reitano, che fa parte di quella tradizione figurativa della pittura siciliana del ’900, che io credo dal punto di vista storiografico non sia ancora stata studiata a dovere, non soltanto in relazione alle scelte stilistiche nazionali, ma credo anche in rapporto a quelle più generali europee.
Le scelte pittoriche di Reitano sono estremamente significative. Innanzitutto, vi è in lui una tendenza quasi istintiva verso il realismo, quindi verso l’osservazione della realtà quotidiana, che viene colta senza retorica, senza inutili abbellimenti.
Questo ci viene suggerito da due elementi fondamentali. In primo luogo, l’inquadratura. Sappiamo che la pittura è fatta certamente di luce e di colore, ma anche di inquadrature spaziali: il modo in cui l’artista rappresenta e “taglia” il suo momento espressivo indica già una precisa scelta. In questa selezione di opere noi lo possiamo già osservare.
Poi, abbiamo un rigore e una intensità del segno, che non è segno calligrafico, un segno cioè che serve sostanzialmente a decorare, ma è già un segno espressivo, quindi che – diciamo – prepara quella che è poi la scelta psicologica più profonda dell’Artista in relazione appunto alla realtà.
Quella di Reitano è dunque sicuramente una pittura di significati, ma è anche una pittura che sa come orientare le proprie qualità stilistiche e tecniche. Sicuramente essa predilige le influenze dell’espressionismo, di quella grande stagione della pittura d’avanguardia del ’900 che ha un’influsso notevole e credo proprio soprattutto in relazione alla pittura siciliana, che si dimostra particolarmente recettiva verso le scelte operate dal realismo. Si osserva infatti anche un’altra cosa: che cioè questa pittura deve rimanere una pittura realistica, quindi non ha bisogno né dell’ottimismo impressionista, né del ruolo metafisico del simbolismo. Quindi, deve rimanere se stessa. Si potrebbe quasi oggettivare che si tratta di un racconto della realtà.
Vorrei riferire un’ultima notazione soprattutto ai colori della pittura di Reitano. Possiamo infatti osservare come l’Artista, pur servendosi praticamente di tinte apparentemente neutre (grigi, versi, certi gialli canarini) poi raggiunge tuttavia nell’opera una grande intensità, sicché essa appare accesa di luce. E questo davvero testimonia la particolare intelligenza colorifica del Pittore. Talvolta può invero esser facile accendere un quadro con i colori classici tradizionali, caldi, ma ben più difficile con queste tinte che sono da un punto di vista accademico “basse”: è proprio il talento dell’artista che riesce ad elevarle e spostarle dal piano strettamente luminoso al piano della coscienza.
Infine, desidero dedicare qualche osservazione alle nature morte del Reitano, in cui egli realizza anche dei collage con elementi tratti da giornali o altro, ma sempre con estrema compostezza, senza mai andare al di là delle righe, senza strafare, mantenendosi nel proprio ordine mentale, in quello che per un artista è l’aspetto fondamentale.
Teodosio Martucci